Un medico
June 14, 2021
Ho studiato la natura e l’epidemiologia di questa cosina artificiale fin dai primi di gennaio del 2020. Predissi che avrebbe fatto danni seri quando la gente la scambiava ancora per una marca di birra. Nessuno mi credeva.
Fin da subito spiegai che era stato un errore umano, un pasticciaccio brutto di uno squallido laboratorio che da anni non rispettava i canoni di sicurezza. Fornii articoli, pubblicazioni, rapporti su quel che da anni facevano la’ dentro. Anche nomi e cognomi dei ricercatori piu’ sospetti. Tutte cose che leggevo di notte su siti americani, inglesi, russi, francesi, tedeschi dove le notizie trapelavano abbondanti dai medici e dai ricercatori dissidenti di quel regime, molti gia’ fuggiti da tempo. Notizie che erano (e in parte sono ancora) accessibili a tutti in rete. Nessuno mi credette. Mi diedero del complottista. Del pazzo. Persi amici.
Fin da marzo del 2020 spiegai il concetto dell’areosol formato dalla fusione di goccioline di saliva davanti alla bocca delle persone in determinate condizioni di umidita’ e di temperatura e che quella cosina ci galleggiava dentro e cosi’ viaggiava tra le persone, specialmente in posti chiusi e poco ventilati, e che quindi costringere la gente a chiudersi in casa era una follia. Dettero del folle a me invece. Persi amici, anche cari.
Spiegai fin da subito che, non avendo le ali, quella povera creatura non poteva resistere da sola fuori , all’aria aperta. Spiegai che gli ultravioletti di fratello Sole la uccidevano all’istante. E quindi non serviva mascherarsi all’aperto, a meno che non ci si ammassasse l’uno addosso all’altro e ci si parlasse o sputasse addosso. Fornii studi che gia’ allora cominciavano ad essere pubblicati. Mi dettero del terrapiattista. Persi amici, anche di lunga data.
Spiegai fin da subito che occorre una soglia di carica per riuscire a superare le barriere dei milioni di batteri e dei miliardi di altre “cosine” che già ci proteggono da millenni e quindi riuscire a scendere nei polmoni e provocare un’infezione e che fuori, fratello Vento disperde ogni cosa ed e’ quindi impossibile venire contagiati. Mi presero per matto. Persi amici carissimi, persino parenti.
Gia’ ad aprile del 2020 lanciavo l’allarme che molta gente stava morendo delle malattie più comuni, perche’ impedita di avere accesso a medici condotti a causa degli sbarramenti imposti dai protocolli dei governi. Spiegai che almeno il 30% dei morti non c’entrava nulla con quella cosina. Erano povera gente che veniva uccisa proprio dai miei colleghi, che la lasciavano morire per infarto, ictus, collassi, tumori, perfino incidenti stradali perche’ dovevano riempire gli ospedali di influenzati che molto spesso potevano essere curati a casa fin da subito con farmaci banalissimi ed economicissimi. Perche’ questo li costringevano a fare. Spiegai che poi imponevano loro di classificarli come morti di quella cosina. Ma non era vero. Li ammazzavano loro, con il silenzio e l’ignavia di chi sceglie questa professione per campare meglio e non trovarsi mai disoccupato, non per porre la salute e il benessere dell’Uomo al centro della sua mente e del suo cuore. Mi dettero del crudele negazionista. Persi amici a cui volevo molto bene, vidi gente guardarmi strano persino in famiglia.
Spiegai piu’ volte la differenza tra letalita’ e mortalita’, e che i reali contagiati erano molti di piu’ fin dall’inizio e che se si fossero testati tutti le reali proporzioni di mortalita’ sull’intera popolazione sarebbero state ancora piu’ ridicole di quelle che gia’ lo erano stando ai numeri che venivano pubblicati dalle stesse autorita’ sanitarie. Mi diedero ancora del balordo e sdegnati mi additarono a pubblico ludibrio.
Spiegai che non aveva senso seviziare i giovani perche’ raramente quella cosina li uccideva. Non c’era logica di costo-beneficio a impedire di lavorare ai giovani e di andare a scuola ai bambini. Mi lapidarono.
Cosi’ iniziai a tacere anch’io. Mi limitai ad aspettare, senza muovermi di un millimetro dal punto in cui mi trovavo fin dall’inizio. Lavorando e vivendo dentro un ospedale per tutto il periodo di quella farsa, guardavo malinconico le corsie vuote, le flotte di ambulanze che non arrivavano mai sotto le finestre del mio ufficio, gli amici, i parenti e i colleghi che non morivano mai, le strade che non si riempivano mai di cumuli di cadaveri, nonostante i toni apocalittici del quotidiano martellamento mediatico.
Per un anno e mezzo tenni lo sguardo fisso sull’orizzonte, sperando che arrivasse finalmente il Nemico che doveva dare un senso al mio lavoro, alla mia missione, all’intera mia vita di medico. Come fece per tutta la vita il tenente Giovanni Drogo nel Deserto dei Tartari, il capolavoro dello scrittore Dino Buzzati, pubblicato per la prima volta negli anni ’40 e letto ancora oggi in tutto il Mondo. E come per lui, quel nemico, quel maledetto Tartaro, non arrivo’ mai.
E intanto massacrarono l’umanita’, uccisero milioni di persone per la negligenza di molti colleghi, ne seviziarono miliardi per gli interessi politici di poche caste di potere, arrestarono gran parte delle nazioni piu’ avanzate di questo Mondo per gli interessi economici di una sola; fermarono e censurarono ogni buona notizia di terapie efficaci per gli interessi di poche lobby farmaceutiche; costrinsero il pianeta a lavorare da casa e a digitalizzarsi per gli interessi di pochi tecnocrati miliardari.
Oggi, mentre guardo sconsolato dalla finestra ragazzi innocenti morire entusiasti per trombosi causate da inoculazioni sperimentali, come un tempo vedevo i cadaveri dei tossici sulle panchine dei parchi con le palle degli occhi rivolte al Cielo e la siringa ancora attaccata al braccio, mi bussano alla porta.
Scopro che fuori mi aspetta una folla immensa di persone che mi dicono che avevo ragione: che si’, quella cosina era artificiale, che si’, all’aperto non si contagia nessuno e la mascherina non serve, che si’, e’ una cosa che si puo’ curare nella stragrande maggioranza dei casi a casa con medicine tradizionali, che si’, occorre una certa carica e la stragrande maggioranza di chi e’ positivo senza sintomi non ce l’ha sufficiente per infettare gli altri e quindi non c’e’ bisogno di perseguitare tutti per una sciocchezza del genere. Basta proteggere le categorie piu’ a rischio, come io stesso pregavo di fare ancora all’inizio di questa brutta storia. Magari indicando quei pochi, pochissimi, esempi di nazioni che avevano scelto la via della saggezza, dell’intelligenza, soprattutto del senso delle proporzioni.
Ma questa moltitudine che oggi mi guarda sorridendo, mascherando con fatica i propri sensi di colpa, non mi solleva l’animo. Nemmeno gli amici che mi avevano abbandonato e ora, timidamente, si stanno riavvicinando. Posso dire che ne provo ribrezzo?
Io ho lottato in prima linea fin dall’inizio e sono ancora vivo. Ma non ho piu’ voglia di fare entrare nella mia Vita questa umanita’. Ho imparato a conoscerla fino a fondo. E non m’interessa piu’.