“Buonasera, è davvero un onore per me essere qui.
Sono tornato da poco dal Donbass, dove per circa due mesi ho documentato il conflitto.
Devo dire che mi aspettavo una differenza tra la realtà sul campo e quella mediatica, ma non a questi livelli.
Posso capire la propaganda russa, posso capire la propaganda ucraina, ciò che per me resta incomprensibile è la propaganda europea.
Con i media russi censurati, e con tutti gli altri cosiddetti media ufficiali allineati sulla propaganda ucraina, per il pubblico europeo, io sono europeo, è praticamente impossibile formarsi un’opinione obiettiva sulla realtà sul campo. Per questo sempre più persone si rivolgono al web per ricevere un’informazione equilibrata.
Governi e piattaforme digitali, invece di interrogarsi su questo fenomeno, stanno cercando di limitare l’accesso alle informazioni online. Sembra che il loro obiettivo sia quello di sostenere un’unica narrazione dei fatti.
La guerra è di per sé drammatica, ne so qualcosa, quindi non c’è bisogno di renderla ancora più orribile inondando etere e carta di notizie false. Penso che non sia utile alimentare il conflitto o addirittura ampliarlo, con campagne d’odio.
Mi sembra che ci sia una sorta di interesse per far sì che il conflitto duri a lungo e si allarghi.
Ho personalmente smascherato diverse fake news diffuse sui media europei: la vergognosa prima pagina de La Stampa che surrettiziamente attribuiva ai russi la strage avvenuta a Donetsk il 14 marzo; il fatto che Mariana, la ragazza simbolo del bombardamento dell’ospedale Mariupol, non sia stata rapita dai russi; il fatto che i russi non stiano deportando civili da Mariupol (non riescono ad evacuare tutti i civili che desiderano partire, di certo non riescono a portare via quelli che vogliono restare).
Al contrario, ho dimostrato che i soldati e le milizie ucraine hanno ampiamente utilizzato i civili come scudi umani.
Le testimonianze che ho raccolto sono decine e la stragrande maggioranza lo conferma.
Non c’è traccia di tutto questo lavoro di fact checking sul campo, nella stampa mainstream.
A che gioco stiamo giocando?
Vogliamo la Terza Guerra Mondiale?
Vogliamo ridurre alla miseria le popolazioni europee a furia di sanzioni?
Sono un giornalista indipendente.
Il mio lavoro è riconosciuto a livello internazionale. Ma non posso lavorare in Ucraina perché sono su una lista nera, Myratvorets, nella quale vengo etichettato come un “criminale”.
Solo per aver fatto il mio lavoro e per aver condiviso il mio punto di vista con il pubblico… Un punto di vista documentato da otto anni di lavoro sul campo.
Vengo accusato di essere un professionista “embedded”. Ma non posso lavorare dall’altra parte perché rischio di essere arrestato.
Pensate sia normale?
Un’altra volta: a che gioco stiamo giocando?
Di sicuro è un gioco molto pericoloso.