Uriel Crua
Fra le peggiori conseguenze del grande discrimine fandemico, una è stata più letale, avvilente, schiacciante: la solitudine.
Dapprima, nelle primissime fasi, il grande discrimine ha allontanato bruscamente la gramigna, il loglio: gente immiserita con cui lo smettere di avere rapporti è stato benefico e proficuo. Poi, tra i rimasti, il grande setaccio ha ulteriormente vagliato. E vagliato. E vagliato.
Per chi ha sofferto e patito ruggendo pur di non cedere mezzo grammo, ogni atto di concessione, seppur minima, da parte di un amico ha rappresentato un tradimento, un abbandono: si era soli! Soli nei fatti, e mai a parole. Ancora peggio.
In alcuni casi, la solitudine è il premio. In altri, no.
Delude, incattivisce, isola, rammarica.
E rende deboli. Forse la vera forza è saper sopportare senza scomporsi la solitudine in cui ti gettano i vili.
Saperla sopportare senza inacidirsi. Senza girare le spalle alla Vita Vera.