Odio. Artifizio mediatico. Squallidi dibattiti che fanno leva sulle emozioni, sullo stomaco, su storie strappalacrime ed immagini raccapriccianti. Non un’ analisi, un’ inchiesta, un’ indagine. Non un confronto costruttivo che verta su elementi oggettivi, su posizioni divergenti ma egualmente rispettabili, su un minuzioso lavoro di ricostruzione imparziale dei fatti.
Esiste una guerra, e poi il racconto che si fa di quella guerra. Esiste la realtà, e poi il filtro che pone la propaganda per preparare il terreno alle inevitabili ripercussioni che il conflitto in corso avrà sull’aspetto geopolitico ed economico dell’Europa, per giustificare le conseguenze di una precisa scelta di belligeranza mascherata da democrazia, di pacifismo interventista, di solidarietà armata. Così come fu per il co*id, non sono ammessi dubbi, od opinioni alternative alla narrazione dominante. Sono vietate, ex ante, ogni forma di approfondimento, ogni interrogativo scomodo, ogni forma di studio della situazione in corso che esca da quanto seminato nel campo della narrazione dominante. Esiste una solo verità, emessa per decreto e certificata da organismi sovranazionali, comunicata in modalità serie TV dai telegiornali mainstream e dalle testate a tiratura nazionale di regime. Esiste l’odio, alimentato sapientemente dai menestrelli del terrore, atto a giustificare le scelte ed a farci digerire le conseguenze. L’odio tra singoli, per chi dissente, traslato ora nell’odio tra popoli, che consuma, abbrutisce, impedisce la visione globale degli eventi. Un’astio che sa di sconfitta, incartato tra lustrini e con parole accattivanti, tra fiocchi e slogan da quattro soldi, che cambia forma ma rimane identico nella sostanza. Che trova linfa e slancio nell’humus,unto e malsano, della normalizzazione dell’emergenza e della privazione dei diritti e della dignità umana.
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